INTERVISTA
Stefano Laporta, Presidente ISPRA
Per un futuro sostenibile investire nella ricerca
Come Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente pubblico che svolge compiti tecnico-scientifici di interesse nazionale per la protezione e il ...
venerdì 28 gennaio 2022
Come Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente pubblico che svolge compiti tecnico-scientifici di interesse nazionale per la protezione e il controllo dell’ambiente, ci spiega qual è la sua idea di sostenibilità? Cosa vorrebbe per il nostro sistema Paese che ancora non è stato fatto?
La sostenibilità è un concetto che va articolato su molti temi; alcuni di essi possono entrare in contrasto in base a come li si vogliono declinare e a cosa si vuole dare enfasi. In alcuni contesti si parla di sostenibilità ecologica, in altri di quella economica e sociale, ma ormai la crisi climatica e quella pandemica ci hanno posto in una situazione in cui non ha più senso mantenere distinti questi temi. Ormai sappiamo che questo modello di sviluppo non è sostenibile né per l’ecosistema, né per il sistema economico e genera livelli di disparità sociale che non sono più accettabili e che finiscono col minare la sussistenza ecologica ed economica. Questo è ben chiaro da diverso tempo, basti pensare all’Agenda 2030 adottata dalle Nazioni Unite nel 2015 e ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), su cui si fonda, che includono la lotta al cambiamento climatico e la difesa della biodiversità così come la lotta alla fame, alla povertà e alle diseguaglianze.
Sono in molti oramai a ripetere “…non c’è più tempo, bisogna agire!”. Peccato che a livello globale gli investimenti in fonti fossili (e le emissioni climalteranti) continuino a crescere. Cosa pensa il Presidente di ISPRA?
Le mobilitazioni della società civile e la pubblicazione dei report scientifici IPCC hanno contribuito ad innalzare l’attenzione su queste tematiche e sono stati significativi i risultati ottenuti nell’ambito delle discussioni del G20 e della COP26. In particolare, durante la COP26, diversi Paesi hanno presentato nuovi e più ambizioni impegni di riduzione delle emissioni; secondo la valutazione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) con i nuovi impegni, l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (contenimento dell’aumento della temperatura globale entro 1.5°C), è più vicino, con un aumento delle temperature globali stimato in +1,8°C al 2100.
Tutta la comunità scientifica, ma direi non solo quella, i cittadini e i giovani di tutto il mondo, si augurano che dalle parole si traggano fatti decisivi e mi sembra che la Cop26 abbia rappresentato, al di là di tante polemiche spesso non supportate da fatti, un significativo passo in avanti, nonostante si potesse fare anche di più. C’è quindi molto lavoro da fare, noi come Ispra e Snpa (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) siamo pronti a mettere a disposizione tutto il nostro patrimonio di conoscenze e di dati affinchè si possa giungere a compiere quella svolta se non decisiva, almeno rilevante.
G20 e COP 26 sono appena terminati. E gli obiettivi, su tutti quello di riduzione delle emissioni climalteranti, vengono puntualmente riproposti. Alcuni però iniziano a suonare come non realizzabili: un esempio sono i mille miliardi di alberi piantati da qui al 2030. Parliamo di 142 alberi per ogni abitante della Terra. La gente ci crede ancora?
Il documento finale del G20 e le conclusioni della COP26 hanno riconosciuto, per la prima volta, che l’obiettivo delle politiche climatiche deve essere quello di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. Solo 6 anni fa, con l’Accordo di Parigi, ci si era preposti come obiettivo i 2°C: essere riusciti ad inserire un riferimento molto più stringente è uno dei risultati più importanti della COP26. Inoltre è stato reso pienamente operativo l’Accordo di Parigi, finalizzando i lavori su tre temi di natura tecnica:
- trasparenza: l’insieme delle modalità per il reporting delle emissioni di gas serra ed il monitoraggio degli impegni assunti dai Paesi attraverso i contributi determinati a livello nazionale (NDC – Nationally Determined Contributions);
- meccanismi (Articolo 6 dell’Accordo di Parigi);
- Common timeframes (orizzonti temporali comuni per definizione NDC).
Per quanto riguarda l’obiettivo dei 1000 miliardi di alberi da piantare entro il 2030, dobbiamo sottolineare che aumentare la superficie forestale, gestendola in maniera sostenibile, è sicuramente necessario, cosi come prioritario è necessario accelerare il processo di decarbonizzazione, riducendo drasticamente le emissioni di gas serra legate all’uso dei combustibili fossili.
Centrali a fissione di quarta generazione e fusione. Qual è il suo giudizio sul nucleare civile? Si tornerà a investire su di esso in futuro (magari anche in Italia)?
Per il momento il ritorno al nucleare non è nei piani ufficiali di mitigazione delle emissioni di gas serra a medio e lungo termine (PNIEC e Long Term Strategy) e considerate le tempistiche di autorizzazione e realizzazione degli eventuali nuovi impianti, sicuramente non contribuiranno all’adempimento degli obblighi nazionali previsti per il 2030 e in misura limitata per il 2050. Vedremo se la ricerca che si sta sviluppando porterà a risultati diversi. Ma ricordo che in Italia ci sono stati ben due referendum popolari (1987/2011) che hanno espresso chiaramente la volontà dei cittadini.
La piattaforma INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) vuole avvicinare i giovani studenti al mondo della ricerca pubblica su tanti temi. Su tutti quello ambientale. Ricerca e giovani. È questo il binomio che ci farà prendere la strada della transizione ecologica?
I giovani saranno i protagonisti di domani e non v’è dubbio che il loro coinvolgimento, riuscire ad appassionarli e ad avvicinarli ai temi e al mondo della ricerca, siano scommesse che vogliamo e dobbiamo vincere. Questi ultimi due anni sono stati impegnativi, stiamo cercando di uscire da una pandemia che ha sconvolto stili di vita, relazioni ed economie ma per il nostro Paese è stato, per molti versi, un anno di vittorie, di soddisfazioni e di rinascita. La recente assegnazione del premio Nobel per la fisica a Giorgio Parisi rappresenta uno stimolo per molti studenti a impegnarsi ancor di più negli studi scientifici. Aggiungo che se qualcosa la pandemia ha insegnato ai più giovani, è proprio il valore della ricerca, la necessità di investirci “cervelli”, risorse e tempo perché è grazie a questa che potremo permetterci di ripartire. Mi sento di ribadire che la scienza, la ricerca e le sue scoperte sono un patrimonio di tutti, principalmente dei giovani che beneficeranno di queste scoperte e che hanno dimostrato, con le molte manifestazioni Youth4Climate, di aver ben compreso, forse meglio di noi e delle generazioni precedenti, che possiamo e dobbiamo seguire la strada dello sviluppo sostenibile e della transizione energetica ed ecologica perché – e lo hanno ribadito a gran voce – non esiste un pianeta B e, lasciatemelo dire, neanche una soluzione alternativa.
La recente assegnazione del premio Nobel per la fisica a Giorgio Parisi rappresenta uno stimolo per molti studenti a impegnarsi ancor di più negli studi scientifici