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FOCUS
La social responsibility, il driver della nuova imprenditoria
 

L’impegno delle aziende italiane nell’attuare l’Agenda ONU 2030

 
 
 

L’Osservatorio Socialis evidenzia che le aziende italiane vogliono produrre valore sociale. I dati infatti parlano chiaro con investimenti, solo nel 2019, pari a 1,771 miliardi ...

 
 

 

mercoledì 14 ottobre 2020

 

 

L’Osservatorio Socialis evidenzia che le aziende italiane vogliono produrre valore sociale. I dati infatti parlano chiaro con investimenti, solo nel 2019, pari a 1,771 miliardi in azioni di CSR. L’incremento è del 25% rispetto al 2017 quando la cifra si era fermata a 1,412 miliardi. Lo studio spiega inoltre come nel medesimo periodo il 92% delle imprese con più di 80 dipendenti (due anni prima era stato l’85%) hanno investito in sostenibilità.

Le analisi di Ipsos dimostrano che, in Italia, gli utenti sono sempre più attenti nel valutare, oltre agli aspetti qualitativi ed economici di beni e servizi, anche l’etica delle attività produttive delle imprese e la sostenibilità della loro azione. Il 71% conosce il concetto di sostenibilità e il 74% ritiene che le aziende debbano considerare le conseguenze della loro attività imprenditoriale. Il 52% è inoltre più attento, rispetto a 2-3 anni fa, ai comportamenti sostenibili e il 59% ritiene che, a livello globale, le emergenze più rilevanti siano ambientali e sociali, prima che economiche.

Gli esperti di settore concordano sul fatto che la CSR, nel nostro Paese come anche all’estero, è oggi centrale e strategica nella gestione manageriale anche perchè ancorata all’Agenda 2030 cosi come al programma Horizon 2020 U.E: paradigmi di crescita intelligente, socialmente coesa e sostenibile che caratterizzano oggi l’economia della conoscenza comunitaria, l’Economia 4.0.

Il valore condiviso, rendicontato in una logica di accountability, significa infatti business di successo.

Gli esempi virtuosi di imprese, le più conosciute e apprezzate nei rispettivi ambiti di competenza, che nel nostro Paese rappresentano casi di successo sono molti. Basti ricordare quelli di Intesa San Paolo, BMW Italia, Pirelli, Fastweb, Enel, Sorgenia, Barilla, Lavazza che continuano a segnare la “via italiana” alla:

  • promozione del work life balance;
  • attenzione costante verso il miglioramento del tessuto sociale, ambientale e culturale;
  • rilancio graduale, e sostenibile, del settore economico.

Fino ad arrivare a Snam, Generali ed Enel che, secondo l’Integrated Governance Index, nell’ordine, sono sul podio della responsabilità sociale d’impresa targata Italia. Ma gli esempi potrebbero essere diversi. Che non riguardano solo le realtà dai fatturati a tanti zeri.  Troviamo case studies anche nel settore agroalimentare, e nei nuovi progetti targati Smart Agrifood. Filiera 4.0 a esempio, organizzata da Oleificio Zucchi, è finalizzata al monitoraggio del prodotto lungo le fasi della filiera produttiva. O, nel settore edile, la piattaforma telematica di S3Calabria che facilita la collaborazione delle imprese su progetti di edilizia sostenibile. Ma potremmo proseguire.

È su queste basi che è nata Sodalitas Call for Future, l’iniziativa di Fondazione Sodalitas finalizzata a promuovere verso le persone, le istituzioni e soprattutto i giovani, il ruolo strategico delle imprese  per la crescita sostenibile dei territori. Parliamo di una campagna di sensibilizzazione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Il Ministero del lavoro, consapevole della rilevanza strategica del settore, è attivo su questo tema e ha sviluppato il Progetto CSR-SC come contributo al dibattito in corso anche a livello comunitario, mentre anche Enrico Giovannini, ex Ministro e fondatore di ASVIS, sostiene oramai da tempo che lo sviluppo sostenibile sarà la più grande opportunità di crescita e sviluppo in futuro che si pone oggi come punto di riferimento in qualunque relazione economia – società – territori.

Anche in Europa il tema è all’ordine del giorno. Il Reputation Institute, la società di servizi volti alla misurazione e gestione della reputazione, ha stilato infatti la propria annuale classifica delle aziende con i migliori livelli di responsabilità sociale a livello globale: la Global CSR RepTrak 2018. In cima troviamo Google, mentre i due gradini più bassi del podio sono occupati rispettivamente da Disney e Lego. L’Europa si muove ma l’Italia, anche in questo contesto, continua a primeggiare.

La norma UNI ISO 26000 sulla responsabilità sociale, datata 2016, è stata presentata ufficialmente all’ISO, l’Organizzazione mondiale di normazione,come la “Prassi di riferimento” ed esempio di attività di normazione nazionale, con l’auspicio che le buone pratiche attuate in Italia possano essere condivise ed applicate da tutte le organizzazioni che vogliono integrare la responsabilità sociale nelle proprie strategie ed attività. E oggi sono davvero molte. E non è un caso. Già nel 1909, più di un secolo fa, Adriano Olivetti ha istituto la prima mutua aziendale per i dipendenti. La storica impresa italiana ha segnato un’epoca e, oltre a rappresentare un caso unico, ha tracciato le linee guida di un approccio manageriale divenuto routine solo parecchi decenni dopo.  L’interesse verso dinamiche più etiche nella gestione imprenditoriale ha fatto tanta strada a partire dal 1953, anno di pubblicazione di Social Responsibility of Businessman” di H.R. Bowen e oggi rappresenta il driver imprescindibile non per emergere ma anche solo per stare sul mercato.