INTERVISTA
Davide Fiz, ideatore del progetto “Smart Walking for Smart Working”
Lavorare camminando, il racconto di un'Italia sempre più smart
Davide, lei è il promotore del progetto “Smart Walking for Smart Working”, una nuova modalità di lavoro itinerante. In cosa consiste la sua iniziativa? Ho ...
venerdì 25 febbraio 2022
Davide, lei è il promotore del progetto “Smart Walking for Smart Working”, una nuova modalità di lavoro itinerante. In cosa consiste la sua iniziativa?
Ho aperto Partiva Iva nel 2010 e da allora lavoro come commercial sales freelance per diverse aziende a livello nazionale. Questo mi ha dato la possibilità di lavorare in Smart Working e imparare a organizzare il mio tempo e decidere lo spazio fisico in cui lavorare: Livorno, Genova, Palermo, Tel Aviv, sono solo alcuni esempi di città in cui ho lavorato. Parallelamente, ho sviluppato sempre più la passione per le camminate e per il turismo sostenibile e lento fuori dai circuiti mainstream, nei piccoli borghi e a contatto con le comunità locali. A luglio 2020, durante una tappa del mio Cammino Primitivo, ho capito che forse avrei potuto lavorare senza rinunciare alla mia passione: nasce cosi Smart Walking for Smart Working! Parliamo di un’iniziativa che mi consente di camminare, a contatto con il patrimonio urbanistico e ambientale della nostra Italia e, mediante un semplice lap – top, di continuare il mio lavoro di freelance come commercial sales. Con questo progetto voglio portare un esempio di connubio lavoro/passioni, mettere alla prova me stesso, il sistema, il territorio e la ricettività, le tecnologie e, al contempo, fornire materiale utile a un dibattito esteso che coinvolga certamente la comunità dei trekker e degli appassionati di outdoor, ma anche i liberi professionisti, i direttori HR, le società di recruiting, i legislatori, le APT locali, e tutti quegli stakeholder che si stanno confrontando sul tema dello Smart Working e di come renderlo possibile, legale, regolamentato, sostenibile e – magari – vantaggioso a livello individuale e sistemico.
Gli ultimi anni hanno portato all’attenzione del tessuto imprenditoriale italiano, da sempre reticente su questo tema, lo Smart Working. Quanto ha influito questo nell’evoluzione del suo progetto?
Sebbene fosse un modello lavorativo per me ormai consolidato, l’attenzione data allo Smart Working è stata sicuramente la molla che ha fatto scattare in me l’idea del progetto. Anche per la mia condizione – e scelta – di freelance. Lavoro in Smart Working da ormai oltre 10 anni e posso dire di essere in qualche misura un “precursore” di quella che oggi è una modalità di lavoro sempre più diffusa, se non addirittura spinta o incentivata. Credo che la pandemia abbia di fatto messo molte organizzazioni, pubbliche e private, nelle condizioni di dover giocoforza reagire a una situazione estrema forzando la mano a quella reticenza che per diversi motivi è presente tra gli imprenditori italiani. Alcuni hanno risposto in una certa misura a una necessità, storcendo il naso, altri ne hanno colto l’opportunità di un cambiamento profondo. Certamente questa nuova situazione collettiva e condivisa, mi ha convinto a prendere lo slancio per dare vita al mio progetto, che era nel cassetto da qualche anno, e concretizzarlo. Non nascondo che è uno sforzo importante, trattandosi di un progetto personale, anche come investimento, ma la voglia di confrontarmi con una nuova possibile quotidianità ha trovato terreno sempre più fertile leggendo, ascoltando, partecipando a dibattiti e discussioni sul tema del Work life Balance che ricerco da tempo e che oggi pare sia passato da “teoria” a reale obiettivo individuale e collettivo. Infatti, sto trovando riscontri importanti anche a livello comunicativo – per certi versi persino oltre le attese – e anche questa intervista è la dimostrazione del fatto che il momento è maturo e che aspettare, avrebbe comportato la perdita di un’occasione.
Le dichiarazioni del decisore pubblico sulla questione non sono chiare (come in altri Paesi in Europa e nel mondo) e una larga fetta di imprenditori non crede in questa nuova modalità di lavoro. L’adozione del lavoro agile in Italia è quindi ancora in forte dubbio. Cosa pensa su questo punto?
Non sono un imprenditore e capisco che nel momento storico/economico che stiamo vivendo non sia certo facile adeguarsi a cambiamenti profondi, però sono anche convinto che gli eventi traumatici – come la pandemia – richiedano un ripensamento a diversi livelli: culturale, organizzativo, legislativo, tecnologico. Chiaramene non ho la presunzione di avere soluzioni o ricette, ma nel mio piccolo cerco di portare avanti e raccontare un progetto che propone a chi lo segue di operare una riflessione sulla propria condizione personale/professionale, porsi delle domande e magari provare a immaginare cambiamenti – anche piccoli – per migliorarla. Parlando con diversi soggetti coinvolti sul tema, mi sono accorto che uno dei problemi più frequenti è che spesso lo Smart Working viene confuso con il Remote Working. Credo infatti che in “smart” il significato principale oltre a “agile” sia quello di “intelligente”: non è solo il dove ma anche – se non soprattutto – il come si lavora. Efficienza, efficacia, lavoro per obiettivi, auto – responsabilizzazione, organizzazione del proprio tempo in sinergia con quello dei colleghi e clienti. Ripeto, mi rendo conto che per un’organizzazione complessa come un’azienda si tratta di intervenire a livello profondo ma sono convinto che il cambiamento sia conditio sine qua non per l’evoluzione, proprio come lo è il movimento. E, soprattutto in Italia, le leggi vanno sempre a inseguire la realtà, raramente ad anticiparla. Quindi gli imprenditori devono giustamente pretendere, ma non credo possano aspettare. Anzi il cambiamento deve venire da loro per primi, saranno loro a dover segnare il passo. Specialmente gli imprenditori italiani che spesso sono – nonostante tutte le enormi fatiche di questo paese – i veri eroi della resilienza.
Il camminare “senza tempo”, con i benefici che solo questo tipo di attività può garantire, e il lavorare “senza tempo” (perché l’immediatezza, la digitalizzazione e la velocità delle moderne attività lavorative non ne concedono) è forse l’aspetto più intrigante della sua iniziativa. È un nuovo modello di Work Life Balance! Pensa che possa cambiare le carte in tavola e assicurarci un futuro diverso e più consapevole del tempo e degli spazi che abbiamo intorno a noi?
Tim Ferriss, imprenditore e autore statunitense, dice “se potete disporre liberamente del vostro tempo e dello spazio, il vostro denaro aumenta automaticamente da 3 a 10 volte”. Ci sono sicuramente dei retaggi culturali e lavorativi che ancora sono da superare, però credo vivamente che questo sia il cammino giusto da intraprendere. Dovremmo imparare a riappropriarci del nostro tempo, che poi è la cosa più preziosa che abbiamo. Per far questo ci vuole disciplina nella gestione dello stesso. Credo che una miglior gestione in termini qualitativi possa portare a risultati migliori in minor tempo, liberando ore da dedicare ad attività ricreative, ludiche, culturali. Camminare, oltre che far bene alla salute di ognuno di noi – siamo nati per camminare! – ci permette di muoversi lentamente e la lentezza permette scoperte. I cammini sono un’opportunità enorme per riscoprire zone del paese che l’accentramento del lavoro nelle città e nei centri produttivi, aveva portato all’emarginazione. Per la loro modalità di svolgimento sono la massima espressine di un turismo sostenibile che può ridare linfa economica ai piccoli borghi e alle comunità locali, evitandone la disgregazione.
La sostenibilità della vita e l’ambiente che ci circonda sono temi centrali nella sua idea di quotidianità. Cosa pensa della questione ambientale e dei rischi cui l’umanità sta andando incontro se non sarà in grado di modificare il suo modello di sviluppo?
Sono cresciuto con un’attenzione alla questione ambientale altissima che mi ha portato a scrivere una tesi sullo sviluppo sostenibile. Che l’attuale modello di sviluppo sia insostenibile, non lo scopro certo io. Non ci può essere crescita infinita in un mondo finito. Dovremmo per forza andare verso una decrescita e dematerializzazione dell’economia. Ma fino a quando il Pil sarà l’indicatore di riferimento delle nostre esistenze, la decrescita sarà un termine negativo. Dovremmo cambiare paradigma, capire che al benessere delle persone contribuisce qualcosa che non è misurabile con i numeri. C’è poco tempo per cambiare e non portare il pianeta al collasso, collasso che lo renderà invivibile per la specie umana.
Per maggiori informazioni puoi vedere il video di presentazione del progetto qui.
Tim Ferriss, imprenditore e autore statunitense, dice “se potete disporre liberamente del vostro tempo e dello spazio, il vostro denaro aumenta automaticamente da 3 a 10 volte”.