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CULTURA
E se l’Impero Romano fosse caduto per cause energetiche?
 

Come un ambiente ferito mina da sempre il cammino della civiltà

 
 
 

Nelle civiltà antiche, oltre all’utilizzo consolidato nel tempo delle fonti rinnovabili,  un significativo apporto energetico era dato dall’ossidazione della legna, fenomeno chiamato combustione. Si tratta ...

 
 

 

giovedì 29 luglio 2021

 

 

Nelle civiltà antiche, oltre all’utilizzo consolidato nel tempo delle fonti rinnovabili,  un significativo apporto energetico era dato dall’ossidazione della legna, fenomeno chiamato combustione.

Si tratta di una pratica alla quale oggi si ricorre marginalmente, soluzioni amatoriali e di nicchia come la cottura del pane e della pizza nel forno a legna o il riscaldarsi con il caminetto domestico.

L’utilizzo costante del legname su larga scala nel mondo greco e romano iniziò presto a creare notevoli problemi ambientali, come testimoniato nel IV secolo a.C. da Platone nel suo ultimo dialogo, il Crizia, circa il territorio dissestato dell’Attica: “… per anni molte e grandi inondazioni hanno reso il nostro Paese simile alle ossa di un corpo malato, e di questa terra è rimasto solo lo scheletro. Ma prima le colline erano piene di terra grassa, e le montagne erano coperte di foreste. Ora vi sono monti che danno nutrimento soltanto alle api, ma non è molto tempo che gli alberi furono tagliati per coprire grandi edifici, e questi edifici esistono ancora. C’erano anche vasti pascoli per il bestiame; e non andava perduta l’acqua che adesso dal nudo suolo fluisce nel mare, ma ogni anno essa si conserva nel seno della terra, e dalle alture si diffondeva nelle valli, formando fonti e fiumi”.

I Romani furono invece allarmati dal crescente prezzo del legname, frutto di una dipendenza ineludibile, che peraltro si attenuò nel II – III secolo d.C., con l’avvento delle prime macchine idrauliche, che funzionavano grazie alla corrente dei fiumi.

In età classica a Roma dunque la combustione della legna era la fonte energetica principale, ma sempre nel legname si ravvisò il basilare e più versatile materiale da costruzione.

Fu infatti utilizzato in ogni ambito, dagli edifici alle navi, dalle macchine alle armi, contribuendo in maniera determinante al diradarsi del patrimonio forestale; in generale l’Impero Romano era basato sullo sviluppo delle città, le quali avevano bisogno di un continuo afflusso di legname, e si creò presto uno squilibrio irrisolvibile tanto ambientale quanto economico, che divenne una delle concause del crollo dell’economia imperiale e dell’Impero stesso.

Tra i numerosi utilizzi della legna, opportuno soffermarsi sul piano militare, che tanto aveva contribuito a rendere Roma punto di riferimento del mondo antico.

Bisognava disboscare intere foreste per la fusione su larga scala del bronzo, del rame e del ferro: mentre per il bronzo bastava la combustione della legna di quercia, grazie al suo alto potere calorico, per il ferro si ricorse al carbone vegetale, che consentiva di raggiungere i 1500 gradi.

L’utilizzo delle legna per la formazione del carbone vegetale era molto ingente, si cominciava accatastando i rami più piccoli tagliati in pezzi non più lunghi di un metro, intorno a un palo verticale alto tre metri circa.

La catasta veniva poi rivestita di terra battuta, si levava il palo e nella cavità lasciata al suo posto si introduceva la brace per la combustione; stiamo parlando di metodi che armarono un esercito di 500000 uomini, letteralmente ricoperti di ferro, senza contare tutte le attrezzature di cui un soldato in battaglia doveva disporre.

Dunque nell’antica Roma il vastissimo utilizzo del legname era fondamentale per mandare avanti quella macchina militare e civile divenuta Impero, ma quella non fu l’unica causa del grande e grave disboscamento che riguardò dapprima le alture nei pressi di Roma, e poi quelle limitrofe a tutte le grandi città dell’Impero stesso.

Infatti sotto la spinta dell’espansione demografica e il crescente benessere, c’era sempre più bisogno di nuova terra da coltivare, di ampi pascoli per le grandi greggi e mandrie che andavano ad alimentare il mercato alimentare cittadino.

Inoltre l’apertura di strade, la fondazione di altre città, le necessità di un mondo che a suo modo diventava “consumistico” e in rapida espansione, fecero il resto.

Il dissesto ambientale cresceva rapidamente, l’ambiente divenne meno fertile, vi erano alluvioni improvvise e devastanti, si diffondeva il temibile morbo della malaria, grazie alle acque stagnanti non più drenate da una natura oramai menomata.

Una non secondaria concausa della fine dell’Impero Romano, in definitiva, riguarda i sempre centrali problemi energetici e gli inciampi dovuti a una crescita frenetica che in ogni epoca storica si riscontrano.